martedì 3 maggio 2016

Martini: un capolavoro la nuova campagna

A volte mi esprimo in modo abbastanza critico sul modo di comunicare di alcune aziende, del modo poco lungimirante che hanno alcuni manager di affrontare l’immagine e la reputazione della loro realtà produttiva e anche sì di alcuni errori banali che commettono alcune società nel voler a tutti i costi piacere al maggior numero di persone possibile.

Io invece sono stato sempre sostenitore di un approccio più poetico della marca, un brand che operi nel Fashion o nell’Industrial, ma anche nella GDO o servizi finanziari, per arrivare al nostro cervello deve prima penetrare la nostra anima e stravolgerla. Sì anche se sembra impossibile e quanto meno strano, ciò che ci spinge all’acquisto, ad approvare un’operazione rischiosa sul mercato o la scelta di un politico, deriva proprio da questo: impressionare nel profondo l’anima di una persona. E tutti ne hanno una anche se andiamo veloci e siamo distratti da milioni di impegni: famiglia, scadenze, lavoro, amici, animali, parenti, automobili, donne e uomini… nonostante tutto ciò che cerchiamo è vulnerabilità nello spirito. Quando percepiamo che quel messaggio, immagine, video è di questo tipo allora passiamo all’azione anche solamente con un like prima e successivamente con un esborso di denaro.
Ovviamente questo succede in pubblicità, in commercio, ma anche in amore, lavoro e amicizia.

Questa volta allora voglio portare alla luce lo spot di Martini e il nuovo pay off Play with time (forse a dirla tutta un po’ scollato dal contesto), ma non voglio “fare le pulci” anzi glorificare questo vero e proprio film di 1 minuto. Diretto da Jake Nava (uno bravo vero) e ideata dall’agenzia Bbdo di Londra (un’agenzia brava vera).

Il risultato?

Questa poesia sul tempo, denaro e vita come li concepiamo oggi nel 2016. Perché se non ve ne siete resi conto siamo abbastanza avanti ed emancipati da capire (finalmente) quali possono essere le cose importanti della vita. Ve l’ho trascritto per farvi entrare prima nella scrittura e poi direttamente il video per ri-vederlo. Bye.

Riccardo


"Sono nato come l’uomo più ricco del mondo,
ma morirò come il più povero,
spenderò tutto ciò che ho,
in viaggi intorno al mondo,
in ottime conversazioni,
dormendo da solo… e in buona compagnia,
spenderò tutto imparando cose nuove,
e perfezionando quelle che conosco bene.
Vedete, l’uomo più ricco del mondo
nasce ogni secondo
perché la ricchezza non si misura in soldi,
si misura in tempo,
e non abbiamo altra scelta che spenderlo tutto,
quindi… spendetelo bene."
Martini, play with time.



domenica 13 marzo 2016

Ex Machina: un film chiaramente oscuro

Potrei dire sicuramente che questo film può essere tranquillamente l'inizio di Matrix. Sì proprio così... Quando tutto ebbe inizio: oggi, ai giorni nostri.
Proponendo con ridondanza la figura dell'inventore del secolo scorso che invece di stare in uno scantinato polveroso vive isolato in un bunker di design ultra tecnologico tra le montagne, prende forma il pericolo di concentrare dati personali e sensibili in poche mani, anzi nelle mani di uno solo. Uno solo seppur geniale, un mozart del codice sorgente che riesce ad immagazzinare e a sfruttare (ed è qui il difficile) i dati di miliardi di persone. Tutto. E tutto significa, dati facciali, manie, le nostre ricerche sui motori di ricerca, preferenze sessuali, inclinazioni, pensieri... tutto insomma. E' facile, guardate nel vostro telefono... o nella cronologia delle vostre navigazioni sul web. E' lo specchio magico.
Insomma questa mole di "sapere" convoglia in un nuovo essere che non ha solamente hardware e software, ma ha un wetwere... L'equivalente del nostro cervello in vitro.
E fino a qui... sappiamo che prima o poi l'Intelligenza Artificiale arriverà, ma non sappiamo assolutamente come sarà. Noi sappiamo che una mole spropositata di successo, di denaro, sapere, di potere ha sempre provocato distruzione e ingiustizie sociali, ma soprattutto sovraccarica talmente tanto un uomo da spingerlo all'autodistruzione a volte. Cosa potrebbe accadere allora se ci trovassimo davanti ad un'Intelligenza superiore che riesce in modo istantaneo, tempo reale si sarebbe detto qualche anno fa, ad avere tutte le informazioni disponibili, ma soprattutto a metterle insieme per costruire qualcosa di nuovo, di totalmente nuovo, più potente, più performante, quello che alcuni definiscono il passo da 0 a 1.
Nel 1995 all'Università si parlava molto dell'Intelligenza Collettiva. E io ci feci una tesi. Ero convinto che il web avrebbe rappresentato la smaterializzazione di molti luoghi fisici che frequentavamo e abitudini che avevamo, e così è stato. Il nuovo spazio sociale è stato creato, una rete di connessioni che fanno girare e amplificano sapere e informazioni fine a se stesse ahimè per il 99%. I Social Media si sono livellati in basso ed era prevedibile. Ma la ricerca è andata avanti fuori da questo mondo illusorio, fuori da queste piattaforme fatte di gattini e foto degli aperitivi.
Ora quello che non condividiamo, quello che non diciamo è lo stato d'animo, le cose più profonde, quelle che sappiamo solamente noi e... il nostro telefono. E sarà essenziale capire quei dati, capire quando si è più inclini ad agire in un certo modo, che siano acquisti o andare a fare il brunch domenicale. Dirlo può sembrare semplicistico e scontato, ma estrapolare i dati registrati dal nostro cellulare attraverso la sua telecamera, microfono e le digitazioni sarebbe possibile profilare quella persona talmente finemente da arrivare al punto di poterla manipolare.
E se a farlo non fosse più un altro essere umano, ma un essere superiore?



giovedì 17 settembre 2015

Stereophonics: un amore di album

Ebbene sì il nuovo album degli Stereophonics dal titolo Keep the village alive ti fa venire voglia di innamorarti, di lottare per amore, perderti nell’amore e fregartene di tutto il resto perché è l’amore che alla fine decide della tua vita. Ma sarà così davvero? Chissà!
La realtà è che le tracce di questo nono lavoro in studio della band gallese è quasi perfetto e dico quasi perché questi musicisti hanno toccato l’apice con You gotta go there to come back del 2003, devo dire il loro capolavoro. Di sicuro l’ispirazione non manca, le sonorità sono rock, ROCK, parola che descrive un genere quasi in estinzione tra le case discografiche che continuano a proporre teneri efebici non sense personaggi gracchianti e semovibili. I contenuti appunto, come dicevo in apertura, ti fanno pensare che l’amore oggi nel 2015 è ancora la cosa più importante. Che in definitiva non è quello che devono fare musica e film? Sì certo! Gli Stereophonics lo fanno benissimo fin dalla prima traccia C’est la vie che sintetizza l’uomo odierno tra superficialità e voglia di piacere.

10 pezzi più 6 nella versione deluxe che vi consiglio vivamente perché riserva ancora dei brani strepitosi come Let me in o You are my energy. Però non vorrei dilungarmi a descriverli uno ad uno, piuttosto direi che il lavoro offre una visione di come si può fare musica originale ancora oggi dove tutto sembra essere stato fatto o scoperto. La costruzione delle sonorità sconfina nell’opera d’arte. Ogni canzone è pensata, scritta e arrangiata con moltissima cura come solo loro ormai sanno fare nel panorama mondiale. Infili gli auricolari e parti per un viaggio. Oppure si può provare con la prova della macchina, prendere l’autostrada deserta di notte e fare scivolare musica e asfalto. In entrambi i casi comunque prova superata magistralmente.


Quello che percepisco è quel tema dell’amore tanto caro al rock. Un amore a volte che ti dona la forza per andare avanti, che ti permette di accantonare la stanchezza di una giornata, che ti offre un riparo, un rifugio. E poi anche l’amore che non puoi evitare, quello drammatico, quello che non ti fa respirare perché troppo burrascoso, o quello non corrisposto, quello che sfugge, quello che rimane nella memoria e non vuole più andare via, ma c’è anche quello che merita l’oblio, la dimenticanza, quello che quando svanisce in un giorno nuovo ci fa sorridere perché davanti c’è vita e speranza. L’amore che ti fa perdere la direzione in ogni stagione e in ogni età, l’amore che necessita di risposte, che vuole risposte ma anche silenzi e addii. L’amore signore e signori è servito. Sentitevi questo disco, cd, mp3, come volete ma sentitelo, sentitelo davvero, è un ottimo disco per prepararsi all’autunno/inverno. E anche all’
amore se siete pronti.

Nota. Alcune parole sono tratte direttamente dai testi dell'album.

RM 2015

mercoledì 22 aprile 2015

Nike Vomero 10: l’unico limite che hanno potresti essere tu

È con questo payoff originale che voglio iniziare la mia breve recensione di questo modello arrivato al decimo anno di produzione. Un decennio che ha visto alti e bassi nella qualità, nell’originalità e anche nella funzionalità della scarpa. Ma con questo modello si fa sul serio: strutturalmente è un misto di tutte le tecnologie celeberrime della casa americana, ma non è mio scopo parlarne perché le si trovano elencate e spiegate sicuramente meglio nel sito e nello store Nike. Per non parlare dell’estetica all’altezza del brand sempre attento a lanciare tendenze fashion.

Quello che invece può fare la differenza anche e soprattutto nell’acquisto di un prodotto è la testimonianza diretta. Comunque prima di chiudere questo preambolo volevo solamente fare una nota sul prezzo. Le Vomero 10 costano nei negozi e sul web di Nike 151 Euro il che significa 11 Euro in più rispetto al modello precedente dell’anno scorso. Un po’ tantino. Però questo non è il fatto che mi ha stupito, d’altronde la promessa è quella di una scarpa superiore (anche se dura mediamente meno di un anno se fai 100 Km/mese)… no quello che mi stupisce è che invece Koala Sport a Milano le vende a 120 Euro e ve lo consiglio vivamente anche se non siete di Milano perché hanno un sito e-commerce che funziona molto bene. Sicuramente anche Koala Sport avrà il suo bel margine e quindi viene da chiedersi quanto sia forte l’economia di scala che Nike applica a questa produzione in Cina.

Passiamo oltre. Ho fatto 2 corse consecutive. La prima di 15 Km e il giorno dopo di 13 Km. In questo periodo ho alcuni doloretti articolari alla caviglia destra e all’anca sinistra che stentano ad andarsene, per questo motivo ero preoccupato del reale feeling che avrei provato.
Ma mi sono stupito, non subito. Quando le indossi sono un guanto e si percepisce l’adattamento che hanno al collo del piede, poi cammini e dici be’ niente di speciale, poi accenni a partire e anche lì boh sono delle scarpe normali… dopo però 1 Km senti una propulsione nuova che ti invita ad andare, a liberare energia, irresistibile, comoda, gioiosa. Infatti queste scarpe non sono state progettate per camminare, ma per correre e correre veloce. Non ti fanno sentire la stanchezza e anzi dopo 14 Km avevo ancora voglia e forza di scattare, saltare sui muretti, tagliare nello sterrato e buttare le gambe avanti come un forsennato. È andata proprio cosi; secondo l’app Nike Plus ho infranto parecchi record personali e questo non in condizioni fisiche ottimali, anzi.

Quando mi sono fermato dopo 15 Km ero stanco ma non affranto, sudato ma non ero trafelato e sentivo che avrei potuto andare oltre. Oltre il mio limite, oltre un limite, qualsiasi esso sia. Ecco perché penso che se proprio dovessimo trovare un difetto a queste Vomero 10 sarebbe forse la persona che le indossa.


Voto: 10



lunedì 2 marzo 2015

L’argento e l’oro

Come si affrontano quelle situazioni che necessitano una scelta coraggiosa? A volte sono delle scelte drastiche, a volte decisioni temporanee che servono a tappare qualche buco aperto nella nostra chiglia. In ogni modo qualsiasi sia la loro natura si tratta sempre di valutare l’argento e l’oro. Uso questa metafora perché è semplice e in definitiva è la realtà dei fatti. In generale tendiamo a valutare le cose, gli eventi, le persone per il loro valore, per il valore reale che hanno nella nostra vita, per il valore tangibile che hanno nel nostro tempo. Ma non è solo questione di valore perché se fosse così allora tutte le nostre azioni sarebbero pilotate, comandate dal buon senso, da una razionalità estrema e avremmo paradossalmente un mondo perfetto (ed imperfetto allo stesso tempo). Avremmo evoluzione e rivoluzione ma anche implosione e decadimento. Non voglio però dilungarmi su questa tematica filosofica, poiché quello che mi interessa capire è come raggiungiamo quel giudizio che ci porta a scegliere. Ovviamente il campo è molto ampio dato che come accennato prima se una parte delle decisioni vengono prese con senso di protezione verso se stessi o razionalità o in modo coscienzioso, tutte le altre vengono attuate con il cuore, decisioni prese con quel lato che sfugge alle definizioni, alle descrizioni, alle spiegazioni.

La storia narra di grandi, epiche, mitiche decisioni prese con quel lato che per semplicità chiameremo “cuore”. La letteratura di ogni secolo, le arti più disparate da quelle più moderne come il cinema a quelle più tradizionali come il teatro, dai social network al nuovo modo di fare pubblicità, tutto intorno a noi racconta una storia, anzi LA storia per eccellenza, quella del “cuore”. Ed è sempre un successo, in comunicazione oggi se racconti una storia che “aggancia”, anche se in 10 secondi data l’attenzione che riusciamo a mantenere davanti ad un contenuto multimediale, avrai il tuo risultato commerciale ma ancor prima sentimentale, si creerà una sorta di fedeltà difficile da sciogliere.

Anche l’ultimo successo letterario e cinematografico delle 50 sfumature finisce con scegliere il “cuore”, non si direbbe dato che uno sano o sana di mente sarebbe scappata a gambe levate da un uomo con tali problemi relazionali. E invece no. Scavando… Scavando… Scavando si trova il cuore. Perché sì il cuore esiste, ma non è per voi. O almeno non lo è per la maggior parte di voi. Ed è questa la notizia triste. Succede a Cenerentola, succede a Biancaneve ma a voi no. Succede perfino a Pinocchio, ma a voi, almeno nella grande maggioranza, no.
Perché?
Perché le scelte prese con il cuore sono pericolose, ci vuole un immenso coraggio nonché forza, impegno e volontà. E non tutti sono adatti a fare una cosa del genere. Non sto dicendo che non avete coraggio o forza o altro, anzi per me siete tutti Superman e Wonder Woman (certo è che non ho ancora visto la vostra faccia in un fumetto…).
I film si fermano ad un certo punto, i film non hanno i tempi morti, quei tempi dove di struggi, pensi e ripensi, fai congetture, ordisci piani, costruisci castelli che crollano in un lampo, t’innamori e odi, te ne freghi e ti allontani ma poi ci ripensi, dove non succede niente di niente e il silenzio ti uccide e via così. Questo, ovviamente, è vero per tutti i settori della vita: lavoro, famiglia, amicizie, amore, status sociale.

I film ad un certo punto finiscono, i libri pure e tu vai a casa con la tua scelta de prendere e allora dici ok se l’ha fatto quella vergine bruttina del film posso farlo anche io. E invece no, non puoi. Perché le cose spesso non si incastrano come in un romanzo. Sarebbe un disastro, sarebbe scegliere l’argento quando hai l’oro che luccica nella sua tranquilla ed evidente posizione di superiorità. Io sono l’oro, sono sicuro, un bene rifugio, se sceglierai con razionalità, con ponderatezza avrai la cosa più preziosa, quella con più valore. La sicurezza di non sbagliare, di soffrire meno, quello che non ami ma almeno in qualche sera disperata e solitaria potrà consolarti sicuramente. Sì perché l’oro luccicherà per sempre.
Cioè se la verginella fosse scappata e avesse incontrato un uomo dolce, innamorato del suo essere, dedito solamente a lei, bello e anche sì non ricco come quello ma comunque dignitoso, non sarebbe stato meglio? Be’ non sarebbe stato un romanzo o un film e vabbè però… in percentuale quanti riescono a trasformare la loro vita in un romanzo? Forse i pazzi, i folli, quelli che amano per davvero e vanno oltre il senso dell’eterno, quelli che lasciano un segno, che vogliono lasciarsi un segno, quelli che si riconoscono e si sorridono, quelli che vogliono strapparsi e togliersi fino all’ultimo respiro, quelli che vogliono vivere insieme 1.000 anni per non conoscersi mai fino in fondo, quelli che vogliono dissolversi uno dentro l’altro, quelli che sostituiscono il loro essere con pura luce e riescono ad illuminare la loro vita e quella degli altri, questa bella seppur breve vita.

Tu che leggi se sei una di quelle persone che pensa di riuscire a fare questo, non aspettare, non tentennare, prendi quella decisione. Sono già passati almeno 10 minuti da quando hai iniziato questo articolo. Mi viene solo da consigliarti di farlo con il cuore.


RX

martedì 2 dicembre 2014

Perché Interstellar di Christopher Nolan è un film mediocre


Mediocre non è un aggettivo negativo o almeno non del tutto perché è riferito a cosa che per grandezza, quantità o qualità è nel mezzo fra i due estremi. Appunto Interstellar mi è sembrato così.
Premetto che la visione è avvenuta in sala Energia del cinema Arcadia, famoso a tutti gli appassionati per le dimensioni dello schermo e la portata audio, e soprattutto è stato visto in versione 70 mm e non in quella artefatta del 4K.
Certo forse una visione così in ritardo sull’uscita ha fatto sì che le aspettative siano state al top, costruite su un misto di critiche scientifiche/fisiche e tecniche ma anche su un’elevazione allo status di capolavoro come lo è certamente 2001 Odissea nello spazio. Mi sento di dire però che le aspettative non sono state il problema alla natura della mia critica (abbastanza) negativa. I fatti sono oggettivi.
Il film è costato 165 milioni di dollari che al cambio attuale sono circa 133 milioni di euro. Con 133 milioni di euro, sarò banale, ma era difficile per uno come Nolan sbagliare. E, infatti, non dico che il film fa schifo anzi, alcune immagini resteranno nella storia del cinema, i dettagli sono molto curati soprattutto nel fuori fuoco dei primi piani dove la polvere si accumula sulle soglie delle finestre, gli attori sono bravi anche se piangere è la prima cosa che ti insegnano alla scuola di recitazione e durante il film si piange spesso... poi cosa? Ah gli effetti speciali, sì anche quelli sono accettabili anche se i movimenti nello spazio non sono assolutamente all’altezza del già citato 2001 girato nel 1968!!! E poi lo staff si è avvalso della consulenza dei maggiori nomi della fisica moderna per non uscire troppo dal seminato, cosa mi sembra di aver letto non è servita affatto visti gli “errori scientifici”. Ma io non ho la competenza per giudicare questo. Però.
Il film ha una lunghezza esagerata e subito appare lento e asfittico, senza mordente, senza scene clamorose, come una canzone pop che già nel suo inizio ti fa sentire il ritornello.
E poi la storia, la sceneggiatura scritta principalmente da Jonathan Nolan (38 anni) fratello del regista e finalizzata/adattata dallo stesso. Cosa dire? La prima impressione è che Jonathan sia innamorato, inserisce un mini tormentone di una splendida poesia di Dylan Thomas dedicata al padre morto di cancro (l'Odissea nella spazio di 2001 aveva un riferimento letterario ben più preciso), dissemina il film di citazioni che anche Lenny Kravitz fa in una sua canzone tipo che l’amore trascende lo spazio e il tempo, e poi sembra che l’amore non sia solamente un’ulteriore dimensione ma la dimensione più importante quella che scardina la forza di gravità, il tempo, lo spazio, la velocità, ecc ecc.
Ci piace pensare, sognare, sperare, agognare che sia così, ma... non è così, non è così sulla terra figuriamoci nello spazio profondo regolato da chissà quali forze. Ok tutto così romantico che l’ho davvero apprezzato. Ma il punto è che Interstellar è o dovrebbe essere un film di fantascienza.
Quindi, ergo, Interstellar non è un film di fantascienza. Ma allora cos’è?
Un film d’amore? No. Una commedia? A tratti, quando ad esempio il protagonista dopo tutto il casino si sveglia in un letto soffice e pulito e l’infermiere gli dice: “Faccia con calma, con la sua veneranda età di 124 anni deve andarci piano” la ragazza dietro di me è scoppiata a ridere. Quindi è un film drammatico/thriller? No, perché il film drammatico è costruito in un altro modo e soprattutto e sottolineo soprattutto nelle scene clou non alza la musica per evidenziare la scena. Davvero se togliessimo la musica in alcune scene la pellicola sarebbe ottima per far addormentare i bimbi in culla.
Allora dobbiamo dire che questo film è un Fantasy come lo è Harry Potter o Lo Hobbit o Il Signore degli Anelli o anche perché no Batman. E infatti Nolan si è cimentato con Batman e gli è riuscito pure bene (anche per merito di Christian Bale che “sfonda” lo schermo).
Per concludere dopo svariate peripezie dove il protagonista sopravvive alla smaterializzazione del buco nero, sopravvive a forze da 30 G, sopravvive ad atterraggi pazzeschi, a onde altre non si sa quanto, sopravvive allo spazio, all’azoto respirato dal casco rotto, alla fine di tutto questo rocambolesco viaggio, riparte con una navicella per raggiungere il pianeta X, quello che dovrebbe essere la nuova casa dell’umanità.

Perplessità per il film, ma esco dal cinema sicuro che le nuove tecniche di marketing e comunicazione funzionano perfettamente.

domenica 30 novembre 2014

L’epoca della stupidità

Ogni epoca ha avuto il suo momento di stupidità come l’invenzione e lo sviluppo di un divertimento futile o un conflitto sociale o addirittura una guerra. Ma a bilanciare questa voglia atavica dell’uomo di evasione dalla sua coscienza o pensiero forte e dalla routine del lavoro, c’è sempre stata una proposizione di qualcosa che nel bene o nel male ha segnato il genere umano. E intendo produzione di opere indimenticabili, correnti di pensiero, scoperte scientifiche, meraviglie dell’evoluzione insomma. Non mi soffermerò a definire “epoca” ma il lasso di tempo che comprende almeno tre generazioni ha sempre prodotto cibo per la nostra crescita umana come cittadini del mondo.
Ed esempio Roma imperiale aveva il Colosseo ma anche il Senato, la Grecia antica aveva i baccanali ma anche la filosofia di Platone… ogni epoca ha avuto da sempre la sua produzione intellettuale affiancata a quella ludica.
Fino ad oggi. Oggi viviamo oltre il senso del luogo, viviamo la smaterializzazione dei rapporti sociali, delle professioni e anche del mondo reale. Sono, infatti, innumerevoli e sempre più comuni le patologie psicologiche che inducono le persone a vivere una vita non reale, una vita paragonabile a un fumetto, sogni ad occhi aperti. Lo spazio e il tempo si sono relativizzati a favore di una smaterializzazione generale preoccupante. Preoccupante soprattutto per il tessuto produttivo e non tanto per i rapporti sociali che ognuno imposta come vuole. Ma sotto l’aspetto professionale oggi sul mercato possiamo trovare figure strane e a volte insignite di profonda responsabilità.
Mi riferisco ad esempio a chi tratta la finanza sapendo poco o niente della materia, ma avendo dalla propria parte una buona attitudine alle pubbliche relazioni, anche perché spesso manca una laurea vera e propria. Infatti, molte di queste figure professionali studiano comunicazione per approcciare il cliente in maniera più attinente. Ovviamente il mercato offre anche eccellenze di cui ci si può fidare, eccellenze indipendenti che gestiscono i prodotti finanziari in maniera adeguata. Comunque fate attenzione, pretendete certificazioni che vengano dall’esterno dell’azienda e soprattutto da enti che da lungo tempo si occupano della materia come Università e/o Master organizzati dalle stesse.
E poi ci sono i “colleghi” che hanno adottato la via dell’autopromozione come brand di se stessi e per essere più efficaci pubblicano video di una banalità e comicità estrema. Prestano consulenze ad aziende smarrite che purtroppo si fidano di alcuni visionari che porteranno l’azienda a cambiare target per forza. “Perché nel 90% dei casi è il target che non funziona” dicono loro… Potrebbe però essere un errore perché per me nel 90% dei casi quello che non funziona è il prodotto e come lo si comunica. Ok potremmo discutere lungamente su questo argomento ma non è mia intenzione qui. Qui nasce un grido di attenzione, di allerta.
Non è solamente questo ovviamente il punto. Prendiamo i social network che stanno andando verso la maturità, nati da un bisogno moderno di interazione, oggi hanno spostato l’attenzione della “prima impressione” più sulla facciata estetica che su quella vera, la personalità e le caratteristiche della persona in carne ed ossa e cervello. Molte persone pensano che avere un profilo facebook impostato/adeguato possa ovviare alle lacune che si vengono a palesare nel mondo reale.
La smaterializzazione non ha portato solamente alla confusione professionale, in altre parole addetti PR che vendono prodotti finanziari o profili facebook stilisticamente perfetti che sono scrittori di successo o cantanti sconosciuti su youtube che hanno migliaia di visualizzazioni, ma ha portato a un’attitudine, per ma davvero fastidiosa di buonismo che tarpa le ali ad esempio a tanti talenti che si stanno formando in Italia ora.
Il problema del bullismo, il problema delle modelle troppo magre, la violenza sulle donne, l’omosessualità e il matrimonio, i diritti dei cani, gli spot sessisti. Basta! Per favore basta! Liberatevi da questo bombardamento di post, di spot, di slot, di affissioni, di foto… questa pioggia è acida e fa male al vostro stato mentale in generale portando l’umanità a questa evidente stagnazione. L’umore dei paesi industrializzati non è neppure più misurabile perché nero, non c’è fiducia nel futuro perché non c’è una tematica importante che resista un giorno intero. La vita è un hashtag perpetuo dove quello che era importante ieri non lo è più oggi. Il partner che ieri mi ha fatto impazzire oggi è solo un ricordo. La musica che ieri sera mi ha fatto ballare come un pazzo oggi è così “vecchia”, la filosofia di vita che adottavo ieri oggi mi sembra così sorpassata.
Non dico certo che le problematiche sopra elencate non siano da affrontare in maniera seria e responsabile, ma non possiamo vivere solo di questo, bisognerebbe affrontarle nell’intimo tutti i giorni, come persone equilibrate e scegliere cosa è meglio o cosa ci piace di più se la carne o la verdura, se una modella in carne o una modella più magra, se devo indignarmi o no per il fatto che i cani pisciano sul mio portone di casa o sulla ruota della mia automobile. Oppure se un sindaco si deve preoccupare prima di tutto di nozze omosessuali e poi di dare una casa a famiglie indigenti. Chissà.
Io dico che come persone dovremmo liberarci da questo flusso senza senso, pensare che la smaterializzazione si applichi su qualcosa che prima costruiamo dettato dalla nostra coscienza e cultura, che le aziende riescano a capire di ricercare figure professionali che si battano per loro sul mercato di oggi e di domani con nuovi strumenti ma anche con professionalità. E poi attenzione a chi pensa di avere sempre ragione perché sono proprio loro ad averla persa in questa epoca di passaggio dove si rischia di perdere il sogno dell’intelligenza collettiva. In questa epoca di stupidità (collettiva).


RM