mercoledì 20 gennaio 2010

Il dono del talento


Consiglio a tutti un’ottima lettura per sfatare alcuni miti popolari sul talento e i doni divini.
Mozart non era un genio. Più semplicemente, ha cominciato a "lavorare duro" all'età di quattro anni, costretto dal padre a esercizi estenuanti. Se ha composto giovanissimo i suoi primi capolavori era solo perché aveva già alle spalle una lunga "pratica determinata". Le basi scientifiche della tesi sostenuta da Geoff Colvin in questo saggio divulgativo si trovano in recenti studi su talento, memoria, intelligenza e le loro relazioni. Per Colvin, nessuno scienziato è finora riuscito a dimostrare l'esistenza di caratteristiche genetiche collegate a una predisposizione innata al talento. Mentre le biografie di artisti, campioni dello sport, statisti, capitani d'industria rivelano l'importanza di un metodo di lavoro efficace, basato sulla capacità di analizzare i risultati e imparare dagli errori. È un metodo che, come insegna questo libro, può essere applicato con successo anche alla vita lavorativa e personale.

Bubble di Steven Soderbergh, centrifugato di realtà.


Siamo negli Stati Uniti, in una cittadina sperduta dell'Ohio. I protagonisti sono Martha e Kyle che lavorano in una fabbrica di bambole. La loro vita è piatta, sempre uguale a se stessa. Lavoro, junk food per pranzo, lavoro, e poi a casa davanti alla televisione. L'amicizia che li lega, sembra un rifugio della malinconia, ma viene improvvisamente minacciata per l'arrivo di una nuova operaia, Rose, che suscita interesse in Kyle. Una mattina Rose viene trovata morta, strangolata.
Primo di sei film che Steven Soderbergh dirigerà con la 2929 production, Bubble, non è solamente interessante per la strategia distributiva innovativa (negli Stati Uniti sarà distribuito contemporaneamente nelle sale, in Dvd e in televisione ad alta definizione) ma anche per l'approccio minimalista a una piccola storia di provincia che perde il suo equilibrio al momento del delitto, paradossalmente, momento di luce nell'esistenza dei protagonisti. Girato in tre settimane, il film è interpretato da attori non professionisti che si fondono con lo scarno ambiente circostante. Inquietante il riff di chitarra su cui è costruita la colonna sonora e la dinamica di costruzione delle bambole.
Da vedere assolutamente.

Interview di Steve Buscemi, un capolavoro di scrittura


Pierre Peders, autorevole reporter di guerra in declino, è costretto ad intervistare una starlette della televisione americana, la bionda e apparentemente inconsistente Katya. Dopo una vivace schermaglia al tavolo di un ristorante alla moda, dove l'attrice si fa attendere oltre l'ora, il giornalista contrariato si allontana in taxi. Un incidente provocato involontariamente dall'avvenenza di Katya la metterà di nuovo a confronto con Pierre. Invitato a salire nel suo loft di New York, Pierre avvierà un'intervista senza esclusione di colpi. Tra rivelazioni e menzogne, soltanto uno porterà il punto a casa.
Al centro delle immagini di Interview, remake americano del film omonimo di Theo van Gogh, c'è paradossalmente quella non-immagine che è la parola, invisibile ma potente. La caratteristica del film di Buscemi è l'apparente assenza di azione. Le "imprese" che hanno determinato i caratteri e la professione dei protagonisti, il cinico giornalista e la capricciosa attrice di soap, sono soltanto evocate dalle battute dei personaggi, che parlano incessantemente perché parlare è l'unico modo in cui possono agire. Ma non si dicono che magnifiche bugie: il giornalista inganna l'attrice, l'attrice recita per il giornalista.
Steve Buscemi e Sienna Miller danno prova di un'abilità fisica e tecnica straordinaria, dimostrando il potere alchemico della parola e portando in scena l'eterno gioco dell'apparire e dell'essere. La verità è qualcosa che continua a sfuggire, qualcosa che può svelarsi per rivelarsi subito dopo come ennesima falsa verità.
Ottima la musica appena percepita ma c’è e Sienna Miller… be’ che dire, giudicate voi.