mercoledì 30 luglio 2014

Cloud Atlas: superare le convenzioni

Qualche giorno fa (finalmente) ho avuto modo di vedere Cloud Atlas, film uscito a gennaio 2013, produzione gigantesca e costosa con un ritorno di critica (soprattutto) e d’incassi un po’ deludente.
Infatti nonostante le 6 storie intrecciate in epoche diverse ma come fossero sulle stesso piano temporale, sembra più un laboratorio sperimentale dove autori, registi e artisti degli scenari si sono cimentati in un’opera scollegata, quasi a compartimenti stagni. Forse perché effettivamente i due registi si sono occupati di episodi specifici che poi sono stati montati successivamente alternando un ritmo non convincente.
Il film è imperfetto, questo è innegabile, ma è altrettanto innegabile che abbia una poetica e una filosofia portante estremamente interessante. Ce ne sono anche di sottostanti, tutte affascianti e da scoprire. Colpisce insomma.
L’architettura principale è la vita di ognuno di noi che non appartiene davvero a noi ma è di tutti perché interconnessa con gli altri e insieme a questi altri riusciamo ad indirizzare il nostro futuro. Tutto nasce dai crimini e dalle gentilezze che facciamo. Nelle storie si affrontano temi importanti come la lotta alla schiavitù o il benessere del pianeta, i diritti umani e la libertà sessuale.
Poetica anche la colonna sonora. Spaziale, melanconia, questo pianoforte ricorrente e scarno che amplifica le scene più toccanti.
Cloud Atlas è un film comunque da guardare perché ognuno di noi ci può prendere un messaggio utile all’anima, anche se poi è imperfetto come la poesia più bella è imperfetta. E assomiglia un po’ a tutti noi.

“Capisco solo ora che i confini tra rumore e suono sono convenzioni,
tutti i confini sono convenzioni in attesa di essere superate.
Si può superare qualunque convenzione solo se prima si può concepire di poterlo fare.”

Nessun commento:

Posta un commento