lunedì 28 settembre 2009

Ho visto Videocracy


Un film?
Un documentario?
Un’intervista ad uno adatto alla Corrida, a Lele Mora e a Corona?
Un collage pruriginoso, malizioso e senza qualità?
Non lo so. Davvero non lo so. Ma mi sento spinto a dare il mio contributo visto e considerato lo studio e il lavoro nel campo della comunicazione.
Ecco le mie impressioni.
Un film (?) completamente squilibrato poiché la voce narrante (lo stesso regista che ovvio non ha fatto lezioni di dizione) designa la figura de il Presidente come l’avversario, l’antagonista che di solito c’è in un film (!).
È chiaro che lo scopo è mostrare, apparire dunque, più che spiegare una situazione di paradossale commistione tra proprietà privata e potere politico.
Di conseguenza un’occasione persa per fare il primo film dedicato alla nascita e sviluppo della tv in Italia e nel mondo.
Un’occasione persa perché scava ossessivamente e forse per la milionesima volta vuole trovare un nesso i mezzi di comunicazione e il loro potere persuasivo, potere che non c’è o che comunque è soggetto a una moltitudine di variabili che il mezzo povero del cinema sicuramente non riesce nemmeno a sfiorare.
E poi oltre all’occasione persa anche un’offesa generica al popolo italiano accusato di guardare libidinoso le ragazzine (come se mio padre a 73 anni guardasse le “chiappe tatuate” delle veline con qualsiasi velleità di possesso) e farsi influenzare politicamente da alcuni programmi in particolare di puro spettacolo/intrattenimento (come C’è posta per te).
Nel passaggio topico del film (?) si asserisce che: il fluire delle immagini del Grande Fratello in prima serata è lo specchio del pensiero del Presidente del Consiglio italiano.
Quindi se non ho capito male la formula sarebbe: io ti faccio vedere culi e tette attraverso una regia dettagliata, ti faccio vedere luci e opulenza televisiva, applausi, successo (ma dove!) etc etc, e tu voti PDL. O peggio tu credi che quello che vedi sia l’Italia della strada, del lavoro e dei rapporti sociali. Un po’ come l’episodio Vanna Marchi, io ti dico che questa è acqua benedetta e tu tiri fuori 100.000 Euro per comprarla.
È un’offesa. Questa persona offende l’intelligenza degli italiani.
Il regista (perdonate l’offesa alla categoria) non tiene conto dell’evoluzione della società moderna incline ad un linguaggio più istantaneo e superficiale, ma non per questo condannata alla mediocrità o ad essere indirizzata nelle scelte politiche e soprattutto di vita quotidiana.
Insomma dopo aver visto questo susseguirsi di immagini, ho la netta impressione che la produzione svedese e danese (che ha letto preventivamente la proposta di realizzazione) e che poi si è buttata nell’esborso di soldi, l’abbia fatto per ridicolizzare, calcare la mano su una realtà italiana in particolare, ma che in definitiva tocca tutte le società industrializzate del modo.
È difficile, ammetto, capire dall’esterno una situazione tutta italiana, ma non è difficile capire quando un’opera (?) è del tutto negativa e priva di senso.

RM

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